martedì 16 novembre 2010

Airc, i tumori fanno paura ai giovani


Il cancro è una malattia che fa ancora molta paura ai giovani. Ma al di là del terrore i ragazzi hanno anche tante curiosità, vogliono capire come si forma, come ci si ammala, e come si sconfigge. E soprattutto, come si può partecipare alla battaglia. Sono queste le principali domande che gli studenti di licei e istituti tecnici di Milano hanno rivolto agli esperti nella Giornata per la ricerca sul cancro organizzata dall'Airc a Milano, presso il Campus Ifom-Ieo.

Domande che venivano da giovani non ancora diciottenni, ma che già avevano la profondità e la maturità degli adulti: qualcuno ha chiesto delle cause della malattia, della sua ereditarietà, di come si fa a guarire. Qualcun altro voleva approfondire il lavoro del ricercatore, il come si propongono le idee per le sperimentazioni e il come si ottengono i finanziamenti. Altri ancora, infine, erano già forse proiettati in un futuro da scienziato: hanno chiesto agli esperti se alcune idee erano già state provate, se una certa via di cura era già stata tentata.

Tanta paura dei tumori ma anche tanta voglia di capirli e di vederli un giorno sconfitti. Molti hanno chiesto «quante persone sono realmente guarite da un tumore», e se la guarigione si può dire davvero definitiva. «Assolutamente sì - ha risposto Marco Foiani, ricercatore Ifom - e uno dei traguardi oggi è cronicizzare la malattia. Ad esempio nel diabete prima si moriva; oggi grazie all'insulina si controlla la malattia. Questo obiettivo è raggiungibile anche con il tumore: ma l'obiettivo a lungo termine è certamente sconfiggere del tutto la malattia».

Qualche studente ha chiesto se esiste un legame tra psiche e tumori («difficilissimo da dire», rispondono gli esperti), uno in particolare ha proposto, invece di uccidere le cellule del cancro, di provare a farle tornare normali. E in effetti è proprio quello che è stato fatto in passato con un certo tipo di leucemia, spiega uno scienziato, anche se oggi l'approccio più promettente è quello di colpire tutto l'ambiente che sta intorno al tumore, per tagliarli i 'viverì e farlo morire. Qualche ragazzo, infine, forse immaginando un giorno di lavorare nella scienza, chiede se davvero i cervelli italiani sono in fuga, e come si fa a farli tornare in Italia. «Con l'eccellenza dei nostri centri - ha risposto sicura Tiziana Bonaldi dell'Istituto europeo di oncologia, tornata lei stessa in Italia dopo diverse esperienze all'estero -. E rendendo l'Italia un posto in cui sia gli italiani all'estero che gli stranieri vogliano venire a fare ricerca. Bisogna imparare a scommettere sui giovani - ha concluso - perchè è una scommessa che poi tante volte paga».

La guerra al cancro è una vera e propria partita a scacchi: a ogni mossa dei ricercatori il tumore risponde con una nuova strategia per 'sfuggirè alla cura; e a questo gli scienziati reagiscono con una contro-mossa sempre più forte. Oggi lo scacco matto al cancro sembra un po' più vicino: la mossa vincente potrebbe essere quella di colpire l'ambiente in cui il tumore si sviluppa, togliendogli tutto ciò che usa per sopravvivere. E a portare la ricerca avanti proprio in questo campo è Paolo Ghia, dell'Università San Raffaele di Milano: il suo è uno dei cinque progetti finanziati dall'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), grazie ai fondi del 5 per mille. «L'ipotesi di colpire il micro-ambiente - spiega l'esperto - è nata per i tumori del sangue, ma ormai è la nuova frontiera per tutti i tipi di cancro, compresi quelli solidi. Sembrava un'idea di nicchia, ma ora non lo è più».

Alcune cure, come quelle che bloccano i vasi sanguigni che nutrono il tumore, colpiscono solo un aspetto della malattia; l'approccio del micro-ambiente, invece, è più concertato: si mettono in campo diverse armi, e si colpisce il tumore contemporaneamente da più parti. «Il nostro obiettivo - continua Ghia - è cercare di chiarire le componenti che aiutano a far crescere il tumore, per poi poterle interrompere. Questo perchè purtroppo basta anche una sola cellula del tumore, nascosta e protetta dal suo ambiente, perchè la malattia ritorni»

Un ricercatore è molto simile a un artista, a dispetto dei luoghi comuni che vogliono scienza e arte come due mondi separati. Lo ha affermato l'oncologo Umberto Veronesi durante uno degli incontri tra i ricercatori e il pubblico organizzato dall'Airc in occasione della giornata per la ricerca sul cancro, che a Roma si è tenuto nella sede del museo Maxxi. «Scienza e arte hanno molte cose in comune - ha spiegato l'oncologo - in entrambi i campi servono fantasia e creatività. Inoltre molte arti, come la musica, sono in realtà basate sulla matematica e la geometria».

In tutti gli incontri di quest'anno gli esperti di tumori sono affiancati da un artista, e nel caso di Roma era presente i maestro Michelangelo Pistoletto, anche lui convinto della possibile coesistenza dei due mondi: «L'arte partendo dalla persona può arrivare alla società - ha spiegato Pistoletto - e io sono convinto che sia il momento di fare come nel Rinascimento, quando l'arte e le scienze si sono unite per guarire le malattie della società». All'incontro hanno partecipato circa 150 ragazzi delle scuole superiori, particolarmente attenti anche durante l'intervento di Manuela Pellegrini, giovane ricercatrice dell'università Tor Vergata di Roma appena tornata dagli Usa che ha cercato di raccontare la bellezza e i sacrifici del suo lavoro: «In Italia ci sono difficoltà a più livelli - ha spiegato - soprattutto perchè i finanziamenti non sono sufficienti e non ci sono posti per i giovani ricercatori che abbiano una durata tale da garantire lo svolgimento dei progetti. Tuttavia vale la pena di impegnarsi, soprattutto per dare una speranza ai malati e ai loro familiari».

«I centri abbronzanti sono delle vere e proprie fabbriche di tumori». Ne è convinto il professor Pier Luigi Lollini, che ha introdotto a Bologna il dibattito organizzato dall'Airc per la giornata di ricerca sul cancro. Lollini ha insistito sulla prevenzione, «che permetterebbe, ed è questo l'obiettivo, di eliminare il 50% dei tumori», ricordando che, tra i fattori più cancerogeni ci sono appunto i raggi ultravioletti. Questi, oltre che dal sole, vengono irradiati proprio dalle lampade per l'abbronzatura. Responsabile di un terzo dei tumori, ha ricordato Lollini, è però il fumo. «In Italia ci sono stati 80 mila morti quest'anno per cause legate ad esso, metà delle quali di cancro». Per fare un paragone, sommando i decessi 'accidentalì, come omicidi, suicidi o incidenti stradali, si arriva a circa 30 mila morti, ha detto il docente dell'università di Bologna. Più ridotto, invece, il fattore inquinamento, responsabile solo dell'1% delle malattie.

«Non è vero che vivere in città aumenta il rischio», per il professore. L'alcol causa poi il 4% dei tumori, l'obesità il 3%, la scarsa attività fisica il 2%. Alle nuove frontiere della ricerca, in particolare a due progetti portati avanti dall'associazione grazie ai fondi del cinque per mille, è stato dedicato il dibattito. «La prima novità - ha spiegato il professor Stefano Pileri, anche lui dell'ateneo bolognese - è nello sviluppo di nuove terapie mirate. Cioè passare da protocolli rigidi, applicati a tutti i pazienti, a studiare delle cure sempre più personalizzate».

Fonte: il messaggero.it

lunedì 8 novembre 2010

Maschio-flop: sono le donne ad essere programmate per la longevità


Maschi da rottamare, donne autosufficienti. Altro che sesso debole, il corpo femminile è progettato per resistere meglio agli urti "biologici" della vita, secondo uno studio dell'Università di Newcastle, nel Regno Unito.

L'ipotesi di Tom Kirkwood, ricercatore dell'ateneo britannico, pubblicata su American Scientist, è che l'organismo delle donne riesca a eseguire una manutenzione cellulare più efficiente di quello maschile.

Sarebbe questo il motivo per cui, ad ogni latitudine, l'aspettativa di vita delle donne supera quella dell'altra metà del cielo: in Italia le donne battono di gran lunga gli uomini, rispettivamente con un'età media di 84 anni contro 78.

"Il nostro Dna è programmato per ottimizzare le risorse in vista della riproduzione", sostiene Kirkwood. Il compito principale del progetto genetico femminile è questo e "lo stato di salute della macchina-donna è molto importante" per lo sviluppo del feto prima e del bambino poi. Perché, allora, i maschi sono più gracili? "Il ruolo dell'uomo - sentenzia l'esperto - è meno dipendente dal suo stato di salute".

Fonte: Apcom

venerdì 29 ottobre 2010

Bibite gassate innescano i geni responsabili del dolore, ecco perché 'pizzicano' come la senape piccante


Aranciate e gassose innescano nel naso le stesse sensazioni dolorose che nella bocca vengono provocate da peperoncino, senape e zenzero: a rivelarlo un nuovo studio
condotto da un gruppo di ricercatori della University of Southern California (Usa) guidati dalla neurobiologa Emily Liman e pubblicato sul Journal of Neuroscience secondo cui sarebbe la carbonazione - ovvero il processo a base di anidride carbonica responsabile dell'effervescenza di queste bevande - a scatenare la sensazione dolorosa nei sensori della cavità nasale e nella gola.

"La carbonazione evoca due sensazioni distinte: rende le cose acide e fa sì che sembra che brucino - spiega Liman -. Abbiamo tutti provato la sensazione di formicolio intenso quando
le bevande gassate vanno giù per la gola troppo velocemente. Le cellule che rispondono all'anidride carbonica sono le stesse che rilevano il piccante della senape piccante". Queste cellule esprimono il gene TRPA1 e servono come sensori del dolore in generale.

Il gene, tuttavia, fornisce solo un aspetto dell'esperienza sensoriale della carbonazione, quello che riguarda la sensazione simile al dolore, spiegano i ricercatori: un altro studio aveva già dimostrato, in precedenza, che a trasmettere la sensazione di acidità sono invece alcune cellule presenti sulla lingua.

Fonte: Apcom/Apc-Scienza

mercoledì 20 ottobre 2010

Creata in laboratorio una nuova super pelle artificiale: risulta esser più sensibile di quella umana


E' stata costruita in laboratorio ed è stata subito chiama "e-skin", la pelle artificiale mille volte più sensibile di quella umana. E' stata ottenuta grazie alle nanotecnologie da due gruppi di ricerca indipendenti che hanno utilizzato materiali di tipo diverso. Entrambe le strade, descritte nella rivista Nature Materials, hanno portato ad una " pelle" che potrebbe essere utilizzata per dare a futuri robot sensibilità e tatto simili a quelli umani, per rivestire protesi di nuova generazione o ancora per nuove tecnologie touch screen.

Il nuovo materiale sensibile più della pelle umana è composto da sensori di pressione di nuova generazione, disposti su uno strato molto flessibile formato da un polimero. I due gruppi che hanno lavorato questo obiettivo sono entrambi californiani: quello dell'Università di Stanford coordinato da Zhenan Bao e quello dell'Università di Berkeley guidato da Ali Javey.

"I nostri sensori sono più sensibili della pelle umana", spiega Zhenan Bao. "Uno sfioramento gentile della pelle - aggiunge - corrisponde a una pressione di circa 0,1 grammi applicata su un millimetro quadrato di superficie. I nostri sensori sono 1.000 volte più sensibili, percepiscono la pressione di un moscerino molto leggero (20 milligrammi) che si posa su di essi".

Non è la prima volta, naturalmente, che si lavora alla pelle artificiale, molti gruppi di ricerca nel mondo ci stanno lavorando ed è una gara a chi produce ' pelle' più sensibile e il più flessibile possibile perché essa assuma le sembianze e le capacità di quella umana. In robotica da anni si lavora a sensori che imitino i cinque sensi, su vista e udito sono stati fatti molti passi avanti, per olfatto e tatto il lavoro è più complesso.

La sfida di sviluppare una tecnologia sensibile come la pelle umana è stata raccolta con successo da Bao e Javey, che hanno creato, con metodi e tecnologie diversi, sensori tattili ultrasensibili, disponendoli su superfici flessibili e quindi molto adatte alla complessa realtà umana (per esempio alle protesi). Entrambi i gruppi hanno costruito sensori ultrasensibili e con alta reattività al tatto, cioè rapidissimi nella capacità di risposta, in pochi millesimi di secondo. Si tratta di un enorme balzo in avanti rispetto ai tentativi precedenti.

Ma le idee non finiscono qui e c'è ancora spazio per tanta ricerca per rendere la pelle artificiale sempre più simile a quella umana in quanto a sensibilità: ad esempio, spiega John Boland del Trinity College di Dublino commentando sulla stessa rivista le due ricerche, si potrebbe arricchire la pelle artificiale di sensori di temperatura e di umidità, o addirittura creare dei sensori che simulino la sensibilità dei follicoli piliferi e del cuoio capelluto.

Gli spazi applicativi sono enormi, dichiara Boland, non solo le protesi o la robotica: "La pelle artificiale potrebbe servire per concepire strumenti di precisione che potenzino la destrezza e la manualità umane, strumenti che potrebbero essere usati per esempio in chirurgia mininvasiva. Altre potenziali applicazioni riguardano la tecnologia del touch screen. Qualunque sia l'applicazione - conclude l'esperto - questi sensori saranno a basso costo e ultrasensibili, progettati su substrati flessibili e in questo senso i lavori di Bao e Javey rappresentano una pietra miliare nello sviluppo di tecnologie tattili ultrasensibili".

Fonte: notizie.tiscali.it/articoli/scienza/

giovedì 14 ottobre 2010

FISICA, UN NUOVO PASSO AVANTI: OSSERVATO UN FENOMENO MAI VISTO FINORA. IN ESPLORAZIONE NUOVI TERRITORI DELLA SCIENZA


Nuovo passo avanti per la scienza al Cern di Ginevra. Gli scienziati, che gestiscono il grande esperimento Cms (Compact Muon Solenoid), hanno infatti esplorato nuovi territori della fisica, osservando un fenomeno mai visto finora. Si tratta, come hanno riferito i fisici del Cern, guidati dall'italiano Guido Tonelli degli Infn, un effetto imprevisto nelle collisioni di protoni che sono avvenute nelle scorse settimane nel massiccio rivelatore di LHC (Large Hadron Collider), che apre la strada a un'ipotesi affascinante e cioe' che ci si potrebbe trovare di fronte anche a materia primordiale.

''L'aumento dei dati disponibili - ha spiegato Tonelli- gettera' piu' luce sull'origine di questo effetto. Questa misura dimostra la potenza e versatilita' sia del rivelatore Cms che dei fisici che lo usano. Stiamo esplorando, centimetro per centimetro, i nuovi territori resi accessibili da Lhc ''.

In particolare gli scienziati del Cern hanno osservato ''correlazioni tra particelle prodotte negli 'scontri' di protoni a una energia complessiva di 7 TeV''. ''Negli urti a 'alta molteplicita'' (nei quali sono prodotte piu' di cento particelle cariche) alcune particelle sono -spiegano- in qualche modo 'correlate', associate tra loro quando si creano nel punto della collisione. E' la prima volta che questo effetto viene osservato in urti protone-protone e sono possibili molte interpretazioni sulla sua origine''.

Fonte: Adnkronos

mercoledì 6 ottobre 2010

STUDI CONFERMANO: LA VITA SANA MODIFICA IL DESTINO SEGNATO DAI GENI


Avere alle spalle una generazione di diabetici in famiglia e non incappare nella
malattia e' possibile. Perche' una vita sana puo' cancellare il destino segnato dai nostri geni. Grazie ad abitudini salutari possiamo ad esempio migliorare la capacita' mnemonica che avranno i nostri figli, eliminare la loro eventuale predisposizione a diabete o obesita'. Ma anche, con atteggiamenti negativi, favorire l'insorgere delle patologie. Questa scoperta, frutto di numerose ricerche scientifiche, e le sue implicazioni per il genere umano sono state discusse per la prima volta in Italia in occasione del XVII Congresso della Societa' italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf), che si è tenuto a Cagliari fino al 25 settembre scorso.

E' stato il 'Time', nel febbraio 2010, ad anticipare le conclusioni dell'epigenetica, la scienza che studia i codici genetici. Ma gia' nel 2009 il 'Journal of Neuroscience' aveva pubblicato una ricerca che dimostrava come lo stile di vita potesse migliorare la memoria nel corso delle generazioni.

Alla base di questo risultato un esperimento condotto su un gruppo di topi con problemi di memoria, che e' stato esposto a un ambiente ricco di stimoli visivi e di
giocattoli. Sorprendentemente, la prole di questi roditori e' nata con un livello di memoria a lungo termine di gran lunga superiore a quella dei genitori, pur non essendo stata sottoposta agli stessi stimoli.

Secondo un altro studio pubblicato sull''European Journal of Human Genetics' e condotto dall'University College di Londra, i comportamenti dei genitori influenzano la funzione di geni dei figli. Chi ha un padre che ha cominciato a fumare in eta' prepuberale vede ad esempio aumentato di base il proprio indice di massa corporea rispetto ai coetanei, correndo quindi un rischio maggiore di diventare obeso da
adulto.

Ancora: gli oncologi della Duke University, in North Carolina, hanno condotto un esperimento su alcune cavie di laboratorio riuscendo a dimostrare a loro volta che
l'alimentazione puo' intervenire sulla mutazione dei geni: a un gruppo di topi gravidi, geneticamente predisposto all'obesita', al diabete e a un colore giallo del pelo, e' stato somministrata una dieta ricca di vitamine del gruppo B. Lo studio ha dimostrato che i cuccioli, nati poco dopo, erano perfettamente sani, con il pelo marrone e non predisposti ne' all'obesita' ne' al diabete.

Altri due studi riportati dal 'Time' confermano gli effetti dello stile di vita sui geni: i risultati di un lavoro, in particolare, indicano che i figli delle donne che durante la gravidanza non si sono alimentate correttamente potrebbero essere soggetti a problemi cardiaci o a una morte precoce. Una seconda ricerca, invece, dimostra che e' possibile modificare l'aspetto esteriore delle generazioni future: in un campione di moscerini cui e' stato somministrato un farmaco che provoca escrescenze sugli occhi, infatti, l'effetto estetico si e' manifestato anche sulle 13
generazioni successive.

Uno studio condotto da Patrick McGowan, pubblicato su 'Nature Neuroscience', ha dimostrato infine che le persone che si suicidano e che nell'infanzia avevano subi'to abusi sessuali e fisici, mostrano l'alterazione di un gene ricettore dello
stress.

"I risultati di queste ricerche rappresentano un importante progresso scientifico - dichiara Giovanni Biggio, presidente della Sinpf - poiche' dimostrano come sia possibile, con uno stile di vita, modificare la funzione dei nostri geni e di quelli delle generazioni future, quindi migliorare il loro stato di salute generale.
E' importante ricordare, pero', che i cambiamenti epigenetici non sono permanenti, perche' l'epigenetica non e' sinonimo di evoluzione. I cambiamenti epigenetici sono la risposta biologica allo stile e possono tornare alla loro programmazione originaria. C'e' un limite a tutto. Infatti, se da un lato possiamo modificare la funzione dei geni, la struttura del Dna rimane immutata".

Fonte: Adnkronos/Adnkronos salute

venerdì 1 ottobre 2010

Contro l'osteoporosi una proteina che rinforza le ossa. Regolandola si favorisce la produzione degli osteoblasti


Regolare una proteina per promuovere la generazione degli osteoblasti - le cellule che formano le ossa - e inibire la produzione delle cellule adipose: la nuova tecnica, messa a punto dai ricercatori giapponesi della Medical and Dental University di Tokyo guidati da Hiroshi Takayanagi in uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, apre una nuova strada per la sconfitta dell'osteoporosi, malattia che rende le ossa gradualmente più fragili e soggette a fratture a causa della diminuzione della densità della massa ossea che le caratterizza.

Le ossa sono formate da osteoblasti prodotti dalle cellule mesenchimali, spiegano i ricercatori: se studi recenti avevano suggerito che l'indebolimento della struttura ossea era dovuto a una diminuzione di osteoblasti, lo studio guidato da Hiroshi Takayanagi precisa che questo squilibrio dipende dal fatto che le cellule mesenchimali, dopo una certa età, iniziano a produrre cellule adipose al posto degli osteoblasti, rendendo il tessuto osseo più fragile. Dallo studio è emerso che regolamentando la proteina Maf si può promuovere la generazione di osteoblasti e reprimere quella delle cellule adipose.

Fonte: Apcom-Scienza