venerdì 17 dicembre 2010

Non solo alla salute: smettere di fumare fa bene anche all'umore


Non solo è salutare per l'organismo: smettere di fumare migliora anche il benessere dell'umore. A sostenerlo è uno studio pubblicato sulla rivista Nicotine & Tobacco Research dai ricercatori della Brown University e della University of Southern California guidati da Christopher Kahler.

Dallo studio emerge che, nonostante chi ha il vizio del fumo tenda ad accendere una sigaretta ogni volta che deve 'scaricare' ansia e nervosismo, gli effetti benefici per l'umore arriverebbero invece proprio dal comportamento contrario, cioè dall'interrompere il consumo delle "bionde".

I ricercatori hanno monitorato i sintomi della depressione in 236 persone che cercavano di chiudere col vizio delle sigarette, e hanno scoperto che il momento di massima felicità si raggiungeva proprio quando riuscivano a chiudere definitivamente con le sigarette.

"L'ipotesi è che alcune persone fumano perché il fumo ha proprietà antidepressive - spiega Kahler -. Ciò che sorprende è che, nel momento in cui si misura l'umore dei fumatori, si riscontrano miglioramenti nello stato d'animo anche se sono riusciti a smettere solo per un breve periodo".

Fonte: notizie.tiscali.it/articoli/scienza

martedì 7 dicembre 2010

La ricerca è arte


Manuela Pellegrini, giovane ricercatrice di Tor Vergata e dell’AIRC con un passato negli States, ha tenuto pochi giorni fa un interessante intervento presso il Maxxi di Roma. Seguito e apprezzato dai ragazzi, il discorso della ricercatrice è stato incentrato sul parallelismo tra arte e ricerca. La dottoressa è titolare di un My First Airc Grant, conferito dall’associazione ai nuovi talenti.

D: Il ricercatore: più un lavoro o più una vocazione?
R: Diverse sono le motivazioni personali che possono spingere alla professione del ricercatore (curiosità, attitudini e interessi personali, scopi umanitari, casualità) ma in ultima analisi per tutti noi diventa una passione ed una missione.

D: Quale la molla che l’ha portata a scegliere questa vita? Se potesse tornare indietro intraprenderebbe la stessa carriera?
R: In due parole ho fatto una scelta che predilige il verbo “essere” piuttosto che quello“avere”. Come accennavo prima, ho iniziato questa carriera perche volevo studiare il comportamento degli animali in natura, solo in seguito ho scoperto l’incredibile fascino della biologia molecolare e la possibilità che si ha di utilizzarla per un bene collettivo. Se nel passato ho avuto diversi dubbi sulla carriera intrapresa, man mano che le difficoltà vengono superate sono felice di non aver abbandonato il mondo della ricerca, inoltre le scoperte fatte, le soddisfazioni personali e le persone conosciute in questi anni ripagano di gran lunga tutti i sacrifici.

D: Quali sono le differenze più profonde che lei, come donna prima e come ricercatore poi, ha riscontrato tra l’Italia e l’America? E perché è tornata in Italia?
R: Come donna di scienza non ho mai provato discriminazione durante il periodo trascorso all’NIH negli Stati Uniti ed ho sempre avuto l’impressione di essere ascoltata per contribuire con punti di vista diversi alla ricerca del laboratorio in cui lavoravo. In Italia purtroppo è un’altra storia, ancora nel mondo accademico è diffuso un certo”maschilismo” e inoltre l’organizzazione del lavoro non è tale da permetterne la conciliazione, per esempio, con la maternità. Un problema di organizzazione ed efficienza si avverte anche nel fare ricerca molto spesso per mancanza di comunicazione e condivisione delle risorse fra i vari dipartimenti. Un aspetto che a me personalmente ha fatto molto maturare quando ho lavorato all’estero è stata la possibilità di confrontarmi in modo paritetico con capi di laboratorio e dipartimento che sicuramente avevano un’esperienza molto maggiore della mia, senza che mi fosse minimamente fatta pesare la loro carica. Purtroppo questo accade molto raramente nelle Università italiane. Sono tornata perché sono cresciuta con il mito di Ulisse descritto nell’Odissea. Occorre partire per conoscere e poi usare questa conoscenza per capire se stessi (le proprie potenzialità e i propri limiti) e diventare fiduciosi del proprio operato, ma è altrettanto importante tornare, specialmente per noi italiani che sentiamo e sappiamo il valore della nostalgia (nostos-ritorno algos-algos) per un paese che al momento è da “curare” ma che con la sua storia antica e la sua cultura ci ha reso unici nel mondo. In fondo sono tornata anche con la speranza di contribuire a curare.

D: Quali sono, secondo lei, i settori di punta della ricerca di oggi?
R: Fare una distinzione tra un campo di ricerca e l’altro non è possibile. Non possiamo credere, ad esempio, che la ricerca sull’HIV possa essere più o meno importante della ricerca sul cancro o viceversa. Credo che tutta la ricerca di base debba essere supportata.

D: Parliamo dell’incontro che si è tenuto al Maxxi di Roma. Era la prima volta che parlava ad un pubblico di giovani? Più o meno emozionante rispetto al presentare uno studio ad un gruppo di addetti ai lavori?
R: Ho fatto qualche lezione a studenti universitari in passato, ma era la prima volta che parlavo con ragazzi delle scuole superiori. Non è stato un intervento di tipo tecnico ma ho parlato della mia esperienza di crescita e del lavoro del ricercatore e mi sono emozionata molto nel cercare di trasmettere la passione e le emozioni che provo per il mio lavoro. In questo senso è stata quindi un’esperienza unica che rimarrà nei miei migliori ricordi.

D: Ricerca e arte. Per quale motivo creare questo binomio? Cosa vuol dire “il ricercatore è molto simile ad un artista”?
R: Un ricercatore come un artista deve essere libero di esprimersi, devono entrambi saper vedere le cose da punti di vista diversi, devono inoltre usare le conoscenze passate per esplorare nuove dimensioni ed infine entrambi lavorano per la collettività, il ricercatore per il benessere corporeo, l’artista per quello spirituale.

D: Parliamo di ricerca, etica, bioetica e morale. Ci dovrebbero essere dei limiti? Se sì, in quale modo e momento andrebbero imposti? E da chi?
R: Io cerco di fare il mio lavoro avendo sempre davanti la versione laica del trinomio “fede, speranza e carità”. Non credo che il fine giustifichi i mezzi, occorre sempre agire con coscienza, giustizia e compassione. Almeno questo ho sempre apprezzato nelle persone che mi hanno fatto da guida.

D: Da dove partire per impiantare basi solide per il futuro della ricerca? Come migliorarne la qualità e assistere finalmente all’agognato “rientro dei cervelli”?
R: Prima di tutto occorrerebbe convincere coloro che hanno la possibilità di sostenere la ricerca che ricerca è sinonimo di futuro e gli italiani più che mai in questo periodo storico hanno bisogno di vedere un futuro. Avere più investimenti in ricerca permetterà inoltre di creare più posti di lavoro e favorire meritocraticamente il rientro dei ricercatori che si sono specializzati all’estero. Credo che questi siano i presupposti per lo stabilirsi di un feedback positivo che sicuramente porterà al miglioramento della ricerca e all’ampliamento delle nostre conoscenze.

Fonte: emagazine.torvergata.it

venerdì 3 dicembre 2010

Scoperto batterio che si nutre di arsenico


È stato scoperto un batterio «alieno» che si nutre di arsenico. Alieno non nel senso che proviene dallo spazio, ma che basa il suo metabolismo non su ossigeno, idrogeno, azoto, fosforo, carbonio e zolfo come tutti gli altri esseri viventi di questo pianeta, ma su un elemento che è velenoso per la vita nel suo complesso. Il batterio è il ceppo GFAJ-1 della famiglia Halomonadaceae della classe Gamma Proteobacteria che vive sui fondali del Mono Lake, un lago in California ai confine del Parco Yosemite, noto per le sue acque estremamente alcaline (pH 10) che contengono alte percentuali di arsenico e sali che si depositano formando affascinanti concrezioni di travertino che localmente sono chiamati tufi, anche se geologicamente non lo sono.

Il batterio è stato modificato in un laboratorio dell'Istituto di astrobiologia della Arizona State University ordinato da Felisa Wolfe-Simon, grazie a una ricerca finanziata dalla Nasa e pubblicata giovedì su Science. Ora la vita del batterio dipende completamente da un veleno come l'arsenico. L'esistenza di un simile microrganismo è la dimostrazione che la vita può esistere in forme molto diverse da quelle che conosciamo: un dato del quale non potranno non tenere conto tutti i programmi spaziali impegnati nella ricerca di esseri viventi in altri pianeti. «La grande novità è che l'arsenico è utililzzato come blocco di costruzione per un organismo», ha sottolineato il professor Ariel Anbar, co-autore dello studio. I ricercatori hanno coltivato in laboratorio alcuni batteri rinvenuti nel fango del Mono Lake con alti livelli di arsenico. Un po' per volta i biologi hanno aumentato la quantità di arsenico nel terreno di coltura dei batteri, fino a rendere i microrganismi completamente dipendenti da quell'elemento. Che i batteri siano riusciti a sopravvivere è stata una sorpresa per gli stessi ricercatori. I batteri del ceppo GFAJ-1 sono oggi l'unica forma di vita finora nota nella quale una sostanza tossica come l'arsenico sostituisce completamente il fosfato, indispensabile alle funzioni vitali di tutte le forme di vita conosciute. Il fosfato è infatti alla base delle molecole di tutte le cellule.

Fonte: www.corriere.it/scienze_e_tecnologie

martedì 23 novembre 2010

Il superbatterio New Delhi fa tremare il mondo: inefficaci gli antibiotici


E' allerta anche in Italia per il superbatterio "New Delhi", resistente alla quasi totalità degli antibiotici oggi conosciuti: due casi di contagio sono stati infatti registrati nel nostro Paese. A darne notizia è stato il direttore del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di Sanità (Iss), Giovanni Rezza, a margine della presentazione della Campagna “Antibiotici, difendi la tua difesa. Usali con cautela”. Il superbatterio, originario dell'India, è comparso anche in Europa (Regno Unito, Francia, Svezia, Olanda) e Stati Uniti. E' resistente alla maggior parte degli antibiotici e nessun nuovo antibiotico in sviluppo risulta minimamente efficace contro questo microrganismo, anche noto come NDM-1.

''La comparsa del superbatterio in Gran Bretagna - ha spiegato Rezza - è in parte anche dovuta ad un fenomeno di 'delocalizzazione' degli interventi chirurgici, per cui si effettuano in India interventi ad esempio di chirurgia estetica molto costosi in Gran Bretagna''. In Italia, ha reso noto l'esperto, ''si registrano solo un paio di casi di contagio, in persone di ritorno da viaggi all'estero, e non c'è ancora una vera diffusione del superbatterio, che può provocare polmoniti, setticemie ed infezioni''. C'è però, ha concluso Rezza, ''una situazione di allerta ed il fenomeno è costantemente monitorato''.

Nonostante l’attenzione verso questo superbatterio debba restare alta, Rezza si dice preoccupato dal fatto che si stia abbassando la guardia nei confronti di altri microrganismi resistenti: “Ci sono altri batteri che sono resistenti alle stesse classi di antibiotici di NDM-1 che circolano nel nostro Paese, ormai questo è un problema grave soprattutto per i batteri gram negativi, anche perché queste infezioni circolano in reparti come le terapie intensive, dove i pazienti sono già debilitati da altre malattie gravi”.

I mezzi per difendersi da questi superbatteri sono ormai pochi: “L'ultimo baluardo è rappresentato dalla colistina (con fortissimi effetti collaterali, ndr) - sottolinea il professore - ma nei casi in cui non funziona il problema diventa grave. C'è una mancanza di ricerca e sviluppo in questo campo, evidentemente la resa economica non è ottimale rapportata agli investimenti necessari, quindi le scoperte di nuovi farmaci segnano il passo”.

Con il nome di NDM-1 si definisce un gene in grado di "saltare" tra diversi batteri, conferendo una importante resistenza anche ai carbapenemi, classe di antibiotici considerata l'ultimo baluardo contro i microrganismi più pericolosi. In tutto il Vecchio Continente sono stati segnalati casi in 13 Paesi, ha detto Dominique Monnet del Centro Europeo di Controllo e prevenzione delle Malattie (Ecdc). “Fino ad oggi - ha evidenziato la ricercatrice - sono stati segnalati 77 casi di infezione da NDM-1 in tutta Europa -. Sono stati colpiti 13 Paesi, tra cui Francia, Italia, Germania e Spagna, e ci sono stati sette morti. Due terzi dei casi si sono verificati in Gran Bretagna e la maggior parte è associata a cure mediche o a viaggi nel subcontinente indiano, anche se una piccola parte deriva da un focolaio sviluppato nei Balcani”.

Fonte: notizie.tiscali.it/articoli/scienza/

martedì 16 novembre 2010

Airc, i tumori fanno paura ai giovani


Il cancro è una malattia che fa ancora molta paura ai giovani. Ma al di là del terrore i ragazzi hanno anche tante curiosità, vogliono capire come si forma, come ci si ammala, e come si sconfigge. E soprattutto, come si può partecipare alla battaglia. Sono queste le principali domande che gli studenti di licei e istituti tecnici di Milano hanno rivolto agli esperti nella Giornata per la ricerca sul cancro organizzata dall'Airc a Milano, presso il Campus Ifom-Ieo.

Domande che venivano da giovani non ancora diciottenni, ma che già avevano la profondità e la maturità degli adulti: qualcuno ha chiesto delle cause della malattia, della sua ereditarietà, di come si fa a guarire. Qualcun altro voleva approfondire il lavoro del ricercatore, il come si propongono le idee per le sperimentazioni e il come si ottengono i finanziamenti. Altri ancora, infine, erano già forse proiettati in un futuro da scienziato: hanno chiesto agli esperti se alcune idee erano già state provate, se una certa via di cura era già stata tentata.

Tanta paura dei tumori ma anche tanta voglia di capirli e di vederli un giorno sconfitti. Molti hanno chiesto «quante persone sono realmente guarite da un tumore», e se la guarigione si può dire davvero definitiva. «Assolutamente sì - ha risposto Marco Foiani, ricercatore Ifom - e uno dei traguardi oggi è cronicizzare la malattia. Ad esempio nel diabete prima si moriva; oggi grazie all'insulina si controlla la malattia. Questo obiettivo è raggiungibile anche con il tumore: ma l'obiettivo a lungo termine è certamente sconfiggere del tutto la malattia».

Qualche studente ha chiesto se esiste un legame tra psiche e tumori («difficilissimo da dire», rispondono gli esperti), uno in particolare ha proposto, invece di uccidere le cellule del cancro, di provare a farle tornare normali. E in effetti è proprio quello che è stato fatto in passato con un certo tipo di leucemia, spiega uno scienziato, anche se oggi l'approccio più promettente è quello di colpire tutto l'ambiente che sta intorno al tumore, per tagliarli i 'viverì e farlo morire. Qualche ragazzo, infine, forse immaginando un giorno di lavorare nella scienza, chiede se davvero i cervelli italiani sono in fuga, e come si fa a farli tornare in Italia. «Con l'eccellenza dei nostri centri - ha risposto sicura Tiziana Bonaldi dell'Istituto europeo di oncologia, tornata lei stessa in Italia dopo diverse esperienze all'estero -. E rendendo l'Italia un posto in cui sia gli italiani all'estero che gli stranieri vogliano venire a fare ricerca. Bisogna imparare a scommettere sui giovani - ha concluso - perchè è una scommessa che poi tante volte paga».

La guerra al cancro è una vera e propria partita a scacchi: a ogni mossa dei ricercatori il tumore risponde con una nuova strategia per 'sfuggirè alla cura; e a questo gli scienziati reagiscono con una contro-mossa sempre più forte. Oggi lo scacco matto al cancro sembra un po' più vicino: la mossa vincente potrebbe essere quella di colpire l'ambiente in cui il tumore si sviluppa, togliendogli tutto ciò che usa per sopravvivere. E a portare la ricerca avanti proprio in questo campo è Paolo Ghia, dell'Università San Raffaele di Milano: il suo è uno dei cinque progetti finanziati dall'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), grazie ai fondi del 5 per mille. «L'ipotesi di colpire il micro-ambiente - spiega l'esperto - è nata per i tumori del sangue, ma ormai è la nuova frontiera per tutti i tipi di cancro, compresi quelli solidi. Sembrava un'idea di nicchia, ma ora non lo è più».

Alcune cure, come quelle che bloccano i vasi sanguigni che nutrono il tumore, colpiscono solo un aspetto della malattia; l'approccio del micro-ambiente, invece, è più concertato: si mettono in campo diverse armi, e si colpisce il tumore contemporaneamente da più parti. «Il nostro obiettivo - continua Ghia - è cercare di chiarire le componenti che aiutano a far crescere il tumore, per poi poterle interrompere. Questo perchè purtroppo basta anche una sola cellula del tumore, nascosta e protetta dal suo ambiente, perchè la malattia ritorni»

Un ricercatore è molto simile a un artista, a dispetto dei luoghi comuni che vogliono scienza e arte come due mondi separati. Lo ha affermato l'oncologo Umberto Veronesi durante uno degli incontri tra i ricercatori e il pubblico organizzato dall'Airc in occasione della giornata per la ricerca sul cancro, che a Roma si è tenuto nella sede del museo Maxxi. «Scienza e arte hanno molte cose in comune - ha spiegato l'oncologo - in entrambi i campi servono fantasia e creatività. Inoltre molte arti, come la musica, sono in realtà basate sulla matematica e la geometria».

In tutti gli incontri di quest'anno gli esperti di tumori sono affiancati da un artista, e nel caso di Roma era presente i maestro Michelangelo Pistoletto, anche lui convinto della possibile coesistenza dei due mondi: «L'arte partendo dalla persona può arrivare alla società - ha spiegato Pistoletto - e io sono convinto che sia il momento di fare come nel Rinascimento, quando l'arte e le scienze si sono unite per guarire le malattie della società». All'incontro hanno partecipato circa 150 ragazzi delle scuole superiori, particolarmente attenti anche durante l'intervento di Manuela Pellegrini, giovane ricercatrice dell'università Tor Vergata di Roma appena tornata dagli Usa che ha cercato di raccontare la bellezza e i sacrifici del suo lavoro: «In Italia ci sono difficoltà a più livelli - ha spiegato - soprattutto perchè i finanziamenti non sono sufficienti e non ci sono posti per i giovani ricercatori che abbiano una durata tale da garantire lo svolgimento dei progetti. Tuttavia vale la pena di impegnarsi, soprattutto per dare una speranza ai malati e ai loro familiari».

«I centri abbronzanti sono delle vere e proprie fabbriche di tumori». Ne è convinto il professor Pier Luigi Lollini, che ha introdotto a Bologna il dibattito organizzato dall'Airc per la giornata di ricerca sul cancro. Lollini ha insistito sulla prevenzione, «che permetterebbe, ed è questo l'obiettivo, di eliminare il 50% dei tumori», ricordando che, tra i fattori più cancerogeni ci sono appunto i raggi ultravioletti. Questi, oltre che dal sole, vengono irradiati proprio dalle lampade per l'abbronzatura. Responsabile di un terzo dei tumori, ha ricordato Lollini, è però il fumo. «In Italia ci sono stati 80 mila morti quest'anno per cause legate ad esso, metà delle quali di cancro». Per fare un paragone, sommando i decessi 'accidentalì, come omicidi, suicidi o incidenti stradali, si arriva a circa 30 mila morti, ha detto il docente dell'università di Bologna. Più ridotto, invece, il fattore inquinamento, responsabile solo dell'1% delle malattie.

«Non è vero che vivere in città aumenta il rischio», per il professore. L'alcol causa poi il 4% dei tumori, l'obesità il 3%, la scarsa attività fisica il 2%. Alle nuove frontiere della ricerca, in particolare a due progetti portati avanti dall'associazione grazie ai fondi del cinque per mille, è stato dedicato il dibattito. «La prima novità - ha spiegato il professor Stefano Pileri, anche lui dell'ateneo bolognese - è nello sviluppo di nuove terapie mirate. Cioè passare da protocolli rigidi, applicati a tutti i pazienti, a studiare delle cure sempre più personalizzate».

Fonte: il messaggero.it

lunedì 8 novembre 2010

Maschio-flop: sono le donne ad essere programmate per la longevità


Maschi da rottamare, donne autosufficienti. Altro che sesso debole, il corpo femminile è progettato per resistere meglio agli urti "biologici" della vita, secondo uno studio dell'Università di Newcastle, nel Regno Unito.

L'ipotesi di Tom Kirkwood, ricercatore dell'ateneo britannico, pubblicata su American Scientist, è che l'organismo delle donne riesca a eseguire una manutenzione cellulare più efficiente di quello maschile.

Sarebbe questo il motivo per cui, ad ogni latitudine, l'aspettativa di vita delle donne supera quella dell'altra metà del cielo: in Italia le donne battono di gran lunga gli uomini, rispettivamente con un'età media di 84 anni contro 78.

"Il nostro Dna è programmato per ottimizzare le risorse in vista della riproduzione", sostiene Kirkwood. Il compito principale del progetto genetico femminile è questo e "lo stato di salute della macchina-donna è molto importante" per lo sviluppo del feto prima e del bambino poi. Perché, allora, i maschi sono più gracili? "Il ruolo dell'uomo - sentenzia l'esperto - è meno dipendente dal suo stato di salute".

Fonte: Apcom

venerdì 29 ottobre 2010

Bibite gassate innescano i geni responsabili del dolore, ecco perché 'pizzicano' come la senape piccante


Aranciate e gassose innescano nel naso le stesse sensazioni dolorose che nella bocca vengono provocate da peperoncino, senape e zenzero: a rivelarlo un nuovo studio
condotto da un gruppo di ricercatori della University of Southern California (Usa) guidati dalla neurobiologa Emily Liman e pubblicato sul Journal of Neuroscience secondo cui sarebbe la carbonazione - ovvero il processo a base di anidride carbonica responsabile dell'effervescenza di queste bevande - a scatenare la sensazione dolorosa nei sensori della cavità nasale e nella gola.

"La carbonazione evoca due sensazioni distinte: rende le cose acide e fa sì che sembra che brucino - spiega Liman -. Abbiamo tutti provato la sensazione di formicolio intenso quando
le bevande gassate vanno giù per la gola troppo velocemente. Le cellule che rispondono all'anidride carbonica sono le stesse che rilevano il piccante della senape piccante". Queste cellule esprimono il gene TRPA1 e servono come sensori del dolore in generale.

Il gene, tuttavia, fornisce solo un aspetto dell'esperienza sensoriale della carbonazione, quello che riguarda la sensazione simile al dolore, spiegano i ricercatori: un altro studio aveva già dimostrato, in precedenza, che a trasmettere la sensazione di acidità sono invece alcune cellule presenti sulla lingua.

Fonte: Apcom/Apc-Scienza

mercoledì 20 ottobre 2010

Creata in laboratorio una nuova super pelle artificiale: risulta esser più sensibile di quella umana


E' stata costruita in laboratorio ed è stata subito chiama "e-skin", la pelle artificiale mille volte più sensibile di quella umana. E' stata ottenuta grazie alle nanotecnologie da due gruppi di ricerca indipendenti che hanno utilizzato materiali di tipo diverso. Entrambe le strade, descritte nella rivista Nature Materials, hanno portato ad una " pelle" che potrebbe essere utilizzata per dare a futuri robot sensibilità e tatto simili a quelli umani, per rivestire protesi di nuova generazione o ancora per nuove tecnologie touch screen.

Il nuovo materiale sensibile più della pelle umana è composto da sensori di pressione di nuova generazione, disposti su uno strato molto flessibile formato da un polimero. I due gruppi che hanno lavorato questo obiettivo sono entrambi californiani: quello dell'Università di Stanford coordinato da Zhenan Bao e quello dell'Università di Berkeley guidato da Ali Javey.

"I nostri sensori sono più sensibili della pelle umana", spiega Zhenan Bao. "Uno sfioramento gentile della pelle - aggiunge - corrisponde a una pressione di circa 0,1 grammi applicata su un millimetro quadrato di superficie. I nostri sensori sono 1.000 volte più sensibili, percepiscono la pressione di un moscerino molto leggero (20 milligrammi) che si posa su di essi".

Non è la prima volta, naturalmente, che si lavora alla pelle artificiale, molti gruppi di ricerca nel mondo ci stanno lavorando ed è una gara a chi produce ' pelle' più sensibile e il più flessibile possibile perché essa assuma le sembianze e le capacità di quella umana. In robotica da anni si lavora a sensori che imitino i cinque sensi, su vista e udito sono stati fatti molti passi avanti, per olfatto e tatto il lavoro è più complesso.

La sfida di sviluppare una tecnologia sensibile come la pelle umana è stata raccolta con successo da Bao e Javey, che hanno creato, con metodi e tecnologie diversi, sensori tattili ultrasensibili, disponendoli su superfici flessibili e quindi molto adatte alla complessa realtà umana (per esempio alle protesi). Entrambi i gruppi hanno costruito sensori ultrasensibili e con alta reattività al tatto, cioè rapidissimi nella capacità di risposta, in pochi millesimi di secondo. Si tratta di un enorme balzo in avanti rispetto ai tentativi precedenti.

Ma le idee non finiscono qui e c'è ancora spazio per tanta ricerca per rendere la pelle artificiale sempre più simile a quella umana in quanto a sensibilità: ad esempio, spiega John Boland del Trinity College di Dublino commentando sulla stessa rivista le due ricerche, si potrebbe arricchire la pelle artificiale di sensori di temperatura e di umidità, o addirittura creare dei sensori che simulino la sensibilità dei follicoli piliferi e del cuoio capelluto.

Gli spazi applicativi sono enormi, dichiara Boland, non solo le protesi o la robotica: "La pelle artificiale potrebbe servire per concepire strumenti di precisione che potenzino la destrezza e la manualità umane, strumenti che potrebbero essere usati per esempio in chirurgia mininvasiva. Altre potenziali applicazioni riguardano la tecnologia del touch screen. Qualunque sia l'applicazione - conclude l'esperto - questi sensori saranno a basso costo e ultrasensibili, progettati su substrati flessibili e in questo senso i lavori di Bao e Javey rappresentano una pietra miliare nello sviluppo di tecnologie tattili ultrasensibili".

Fonte: notizie.tiscali.it/articoli/scienza/

giovedì 14 ottobre 2010

FISICA, UN NUOVO PASSO AVANTI: OSSERVATO UN FENOMENO MAI VISTO FINORA. IN ESPLORAZIONE NUOVI TERRITORI DELLA SCIENZA


Nuovo passo avanti per la scienza al Cern di Ginevra. Gli scienziati, che gestiscono il grande esperimento Cms (Compact Muon Solenoid), hanno infatti esplorato nuovi territori della fisica, osservando un fenomeno mai visto finora. Si tratta, come hanno riferito i fisici del Cern, guidati dall'italiano Guido Tonelli degli Infn, un effetto imprevisto nelle collisioni di protoni che sono avvenute nelle scorse settimane nel massiccio rivelatore di LHC (Large Hadron Collider), che apre la strada a un'ipotesi affascinante e cioe' che ci si potrebbe trovare di fronte anche a materia primordiale.

''L'aumento dei dati disponibili - ha spiegato Tonelli- gettera' piu' luce sull'origine di questo effetto. Questa misura dimostra la potenza e versatilita' sia del rivelatore Cms che dei fisici che lo usano. Stiamo esplorando, centimetro per centimetro, i nuovi territori resi accessibili da Lhc ''.

In particolare gli scienziati del Cern hanno osservato ''correlazioni tra particelle prodotte negli 'scontri' di protoni a una energia complessiva di 7 TeV''. ''Negli urti a 'alta molteplicita'' (nei quali sono prodotte piu' di cento particelle cariche) alcune particelle sono -spiegano- in qualche modo 'correlate', associate tra loro quando si creano nel punto della collisione. E' la prima volta che questo effetto viene osservato in urti protone-protone e sono possibili molte interpretazioni sulla sua origine''.

Fonte: Adnkronos

mercoledì 6 ottobre 2010

STUDI CONFERMANO: LA VITA SANA MODIFICA IL DESTINO SEGNATO DAI GENI


Avere alle spalle una generazione di diabetici in famiglia e non incappare nella
malattia e' possibile. Perche' una vita sana puo' cancellare il destino segnato dai nostri geni. Grazie ad abitudini salutari possiamo ad esempio migliorare la capacita' mnemonica che avranno i nostri figli, eliminare la loro eventuale predisposizione a diabete o obesita'. Ma anche, con atteggiamenti negativi, favorire l'insorgere delle patologie. Questa scoperta, frutto di numerose ricerche scientifiche, e le sue implicazioni per il genere umano sono state discusse per la prima volta in Italia in occasione del XVII Congresso della Societa' italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf), che si è tenuto a Cagliari fino al 25 settembre scorso.

E' stato il 'Time', nel febbraio 2010, ad anticipare le conclusioni dell'epigenetica, la scienza che studia i codici genetici. Ma gia' nel 2009 il 'Journal of Neuroscience' aveva pubblicato una ricerca che dimostrava come lo stile di vita potesse migliorare la memoria nel corso delle generazioni.

Alla base di questo risultato un esperimento condotto su un gruppo di topi con problemi di memoria, che e' stato esposto a un ambiente ricco di stimoli visivi e di
giocattoli. Sorprendentemente, la prole di questi roditori e' nata con un livello di memoria a lungo termine di gran lunga superiore a quella dei genitori, pur non essendo stata sottoposta agli stessi stimoli.

Secondo un altro studio pubblicato sull''European Journal of Human Genetics' e condotto dall'University College di Londra, i comportamenti dei genitori influenzano la funzione di geni dei figli. Chi ha un padre che ha cominciato a fumare in eta' prepuberale vede ad esempio aumentato di base il proprio indice di massa corporea rispetto ai coetanei, correndo quindi un rischio maggiore di diventare obeso da
adulto.

Ancora: gli oncologi della Duke University, in North Carolina, hanno condotto un esperimento su alcune cavie di laboratorio riuscendo a dimostrare a loro volta che
l'alimentazione puo' intervenire sulla mutazione dei geni: a un gruppo di topi gravidi, geneticamente predisposto all'obesita', al diabete e a un colore giallo del pelo, e' stato somministrata una dieta ricca di vitamine del gruppo B. Lo studio ha dimostrato che i cuccioli, nati poco dopo, erano perfettamente sani, con il pelo marrone e non predisposti ne' all'obesita' ne' al diabete.

Altri due studi riportati dal 'Time' confermano gli effetti dello stile di vita sui geni: i risultati di un lavoro, in particolare, indicano che i figli delle donne che durante la gravidanza non si sono alimentate correttamente potrebbero essere soggetti a problemi cardiaci o a una morte precoce. Una seconda ricerca, invece, dimostra che e' possibile modificare l'aspetto esteriore delle generazioni future: in un campione di moscerini cui e' stato somministrato un farmaco che provoca escrescenze sugli occhi, infatti, l'effetto estetico si e' manifestato anche sulle 13
generazioni successive.

Uno studio condotto da Patrick McGowan, pubblicato su 'Nature Neuroscience', ha dimostrato infine che le persone che si suicidano e che nell'infanzia avevano subi'to abusi sessuali e fisici, mostrano l'alterazione di un gene ricettore dello
stress.

"I risultati di queste ricerche rappresentano un importante progresso scientifico - dichiara Giovanni Biggio, presidente della Sinpf - poiche' dimostrano come sia possibile, con uno stile di vita, modificare la funzione dei nostri geni e di quelli delle generazioni future, quindi migliorare il loro stato di salute generale.
E' importante ricordare, pero', che i cambiamenti epigenetici non sono permanenti, perche' l'epigenetica non e' sinonimo di evoluzione. I cambiamenti epigenetici sono la risposta biologica allo stile e possono tornare alla loro programmazione originaria. C'e' un limite a tutto. Infatti, se da un lato possiamo modificare la funzione dei geni, la struttura del Dna rimane immutata".

Fonte: Adnkronos/Adnkronos salute

venerdì 1 ottobre 2010

Contro l'osteoporosi una proteina che rinforza le ossa. Regolandola si favorisce la produzione degli osteoblasti


Regolare una proteina per promuovere la generazione degli osteoblasti - le cellule che formano le ossa - e inibire la produzione delle cellule adipose: la nuova tecnica, messa a punto dai ricercatori giapponesi della Medical and Dental University di Tokyo guidati da Hiroshi Takayanagi in uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, apre una nuova strada per la sconfitta dell'osteoporosi, malattia che rende le ossa gradualmente più fragili e soggette a fratture a causa della diminuzione della densità della massa ossea che le caratterizza.

Le ossa sono formate da osteoblasti prodotti dalle cellule mesenchimali, spiegano i ricercatori: se studi recenti avevano suggerito che l'indebolimento della struttura ossea era dovuto a una diminuzione di osteoblasti, lo studio guidato da Hiroshi Takayanagi precisa che questo squilibrio dipende dal fatto che le cellule mesenchimali, dopo una certa età, iniziano a produrre cellule adipose al posto degli osteoblasti, rendendo il tessuto osseo più fragile. Dallo studio è emerso che regolamentando la proteina Maf si può promuovere la generazione di osteoblasti e reprimere quella delle cellule adipose.

Fonte: Apcom-Scienza

martedì 28 settembre 2010

AMBIENTE: AL VIA SEMINARI FRA PARCHI, ISTITUZIONI E SCIENZA


Al via ad ottobre una serie di seminari con al centro il dialogo fra aree naturali protette, istituzioni e ricerca scientifica, per la definizione del Network nazionale della biodiversita'.

L'iniziativa, che rientra nel progetto 'Sistema Ambiente 2010', promosso dal ministero dell'Ambiente, punta a raccogliere e condividere le informazioni disponibili sul patrimonio natura grazie alla messa a punto di criteri e strumenti che rendano omogenei, accessibili e fruibili i dati utili per valutare lo stato di conservazione e valorizzare la biodiversita' in Italia.

Il Sistema Ambiente 2010 e il Network nazionale della biodiversita' si presentano quindi come due tasselli che andranno a sostenere la strategia nazionale della biodiversita', che l'Italia si appresta ad approvare. Tra gli obiettivi della nuova piattaforma, anche il compito di integrare e favorire gli scambi dei dati fra i centri di ricerca, le aree naturali protette e gli osservatori regionali per la biodiversita'.

Questo strumento di informazione andra' a vantaggio del lavoro delle autorita' sul fronte ambientale, che potranno prendere decisioni garantendo un uso
sostenibile delle risorse naturali. I seminari avranno quindi come temi chiave la ricerca scientifica il 6 ottobre, le aree naturali protette il 12 ottobre e le amministrazioni regionali il 14 ottobre.

Fonte: ANSA

giovedì 23 settembre 2010

SCIENZA: IL 24 SETTEMBRE E' LA NOTTE DEI RICERCATORI


Il 24 settembre 2010 si svolgerà in tutta Europa la "Notte dei Ricercatori", promossa dalla Commissione Europea all'interno del 7° Programma Quadro in Ricerca e Sviluppo Tecnologico: un'occasione per avvicinarsi al mondo della ricerca e della scienza.

Esperimenti, dimostrazioni, spettacoli, lezioni aperte, musica, mostre, visite guidate,
laboratori aperti mettono in scena la quotidianità della ricerca e del lavoro dei ricercatori per il pubblico di tutte le età. Ad esempio, in Piemonte l'edizione 2010 ha come filo conduttore lo slogan Re-Fuel - Research is Fun, yoUng and Ever Living, a Trieste sono 150 gli appuntamenti nella suggestiva cornice di Piazza dell'Unità d'Italia, a Roma Light'10 ha per protagoniste scienza, fantascienza e fantasy.

Fonte: 9Colonne

sabato 18 settembre 2010

RICERCA: FARMACO ANTI-ALZHEIMER AIUTA L'APPRENDIMENTO NELLE PERSONE SANE


Un farmaco comunemente prescritto a pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer e' in grado di amplificare l'apprendimento nelle persone sane. E' quanto hanno rilevato i neuroscienziati dell'Universita' della California a Berkeley (Usa) in uno studio
pubblicato on line su 'Current Biology'.

E' stato infatti dimostrato che gli individui sani che assumono il donepezil sono molto piu' 'scaltri' nell'eseguire un compito che consisteva nel definire le direzioni di movimento di alcuni puntini su uno schermo, rispetto a un gruppo sotto placebo.

Ne' i ricercatori ne' i partecipanti sapevano chi stesse prendendo il placebo o il donepezil, un inibitore della colinesterasi che esalta gli effetti del neurotrasmettitore acetilcolina nel cervello. "Abbiamo voluto capire meglio - evidenzia Michael Silver,docente di optometria e neuroscienze all'ateneo californiano - i meccanismi biologici che sono alla base della capacita' di apprendere nuovi compiti, riuscendo in questo modo a far luce su quali specifici processi neurali vengono favoriti dal donepezil. Questo e' il primo studio a dimostrare che questo farmaco puo' migliorare l'apprendimento anche in persone sane".

Fonte: Adnkronos/Adnkronos Salute

mercoledì 15 settembre 2010

CUORE: L'ISTRUZIONE PROTEGGE DA ICTUS E INFARTO, MA NON VALE PER I PAESI IN VIA DI SVILUPPO


Un elevato livello di istruzione può salvare dal rischio di incorrere in disturbi cardiovascolari: a sostenerlo uno studio pubblicato su Circulation, una delle riviste ufficiali dell'American Hearth Association dalla Emory Rollins School of Public Health e dalla Emory School of Medicine di Atlanta (Usa), secondo cui il collegamento tra istruzione e cuore sano varrebbe, però, solo per gli abitanti dei Paesi sviluppati, e non per i cittadini dei Paesi a basso e medio reddito.

Nel corso dello studio, durato due anni, i ricercatori guidati da Abhinav Goyal hanno esaminato 61.332 pazienti di 69 anni di età media provenienti da 44 paesi, tutti sofferenti di cuore e con diversi fattori di rischio tra cui vizio del fumo, pressione alta, ateroclerosi e obesità. Il 36% del campione era formato da donne e il 64% uomini, e di tutti sono stati indagati gli anni di istruzione compiuti e il livello socioeconomico. Dallo studio è emerso che gli alti tassi di scolarizzazione proteggono dalle malattie cardiovascolari soprattutto gli abitanti dei Paesi ad alto reddito e in particolare gli uomini altamente istruiti, che hanno fatto registrare i tassi più bassi di problemi cardiaci.

Le donne istruite dei paesi in via di sviluppo hanno fatto invece registrare un lieve aumento dell'incidenza di infarto e ictus, dovuto in parte anche all'aumento del vizio del fumo in questa categoria rispetto alle donne istruite dei Paesi ricchi: "Non possiamo pensare che solo perché alcuni gruppi sono più istruiti di altri adotteranno uno stile di vita sano - spiega Goyal -. Tutti hanno bisogno di essere educati circa il rischio di malattie cardiache e, in particolare, deve essere loro consigliato di adottare stili di vita sani e di smettere di fumare".

Fonte: Apcom/Scienza

domenica 12 settembre 2010

FUMO: VIETATO A MAMMA E PAPA'. DANNEGGIA SIA LO SPERMA CHE LE CELLULE DELL'EMBRIONE


Gli aspiranti papa' farebbero bene a spegnere le sigarette. Come pure le donne in gravidanza. Due nuovi studi, infatti, spiegano in che modo il fumo puo' danneggiare la fertilita', anche quella del nascituro. Le ricerche sono pubblicate online su 'Human Reproduction', e danno ancora piu' fondamento al consiglio di smettere con le 'bionde', rivolto dai medici agli aspiranti genitori.

Nel primo studio, i ricercatori diretti da Claus Yding Andersen dell'University Hospital of Copenhagen (Danimarca) hanno scoperto che se la mamma fuma col pancione, all'inizio della gravidanza, si riduce drasticamente il numero di cellule germinali e di cellule somatiche nel feto in via di sviluppo. Tanto che i ricercatori ritengono che questo potrebbe avere effetti negativi addirittura sulla fertilita' del bambino, una volta adulto.

Nel secondo studio, invece, il team di Mohamed Hammadeh dell'Universita' del Saarland (Germania) ha esaminato specifiche proteine - chiamate protamine - nello sperma di un gruppo di forti fumatori (oltre 20 sigarette al giorno),confrontando i risultati
ottenuti con quelli di uomini che non avevano mai acceso una sigaretta. Le protamine svolgono un ruolo importante nello sviluppo dello sperma e hanno un effetto sulla fertilita' maschile. Ebbene, le concentrazioni di queste proteine sono risultate inferiori del 14% nello sperma dei fumatori rispetto ai non fumatori. "Questo significa - scrivono gli studiosi - che gli spermatozoi dei fumatori soffrono di carenza di protamina, probabilmente causato dal fumo di sigaretta. E questo potrebbe essere un motivo" di infertilita'.

Fonte: Adnkronos/Adnkronos Salute

mercoledì 8 settembre 2010

PSICOLOGIA: VESTIRSI DI FALSE GRIFFE RENDE FALSI


Il “falso” ci rende falsi: infatti vestiti, accessori, scarpe che fanno il verso ai grandi stilisti, in poche parole gli innumerevoli prodotti della contraffazione, sembra abbiano effetti psicologici per nulla positivi su di noi, ci inducono a comportarci in modo non del tutto onesto, ad essere più cinici e malfidati nei confronti degli altri.

E' quanto dimostrato in una serie di esperimenti condotti dalla ricercatrice italiana Francesca Gino che lavora alla Harvard Business School di Boston, i cui risultati sono apparsi di recente sulla rivista Psychological Science. Come interpretarli?
E' possibile che l'uso di prodotti contraffatti abbia un effetto ben diverso dalla gratificante illusione di indossare l'originale, e che insinui un tarlo dentro di noi facendoci sentire meno autentici.Ciò, di rimando, potrebbe spingerci a comportamenti non del tutto irreprensibili.

L'esperta ha compiuto una serie di esperimenti su donne cui sono stati dati degli occhiali all'ultima moda e di marca. A parte delle donne è stato detto, anche se non era vero, che gli occhiali erano dei finti Chloé, cioè di un marchio contraffatto. Dopo di che tutto il campione è stato messo alla prova con una serie di test per misurare il loro livello di onestà.

Alla prima prova le donne dovevano rispondere a quiz matematici e poi autopremiarsi in caso di risposta esatta. Ebbene, il 70% delle donne che indossavano gli occhiali 'finti', ignare di essere spiate, imbroglia premiandosi quando non ne hanno diritto; invece lo fa solo il 30% di quelle che sapevano di indossare gli occhiali autentici.

Questo risultato si è ripetuto in altre prove, dimostrando che le donne che indossano il falso imbrogliano di più. Ma non è finita, queste donne in test psicologici sono risultate anche più ciniche e meno fiduciose nei confronti degli altri. La conclusione è chiara: la contraffazione fa male non solo all'economia, ma anche alle persone che, non potendo permettersi gli originali, ne fanno uso.

Fonte: Tiscali.it

domenica 5 settembre 2010

IDENTIFICATO IL GENE DELLA SLA...SI AVVICINA LA CURA


Il gene della Sclerosi Laterale Amiotrofica? Non è più un segreto. Grazie a una ricerca multicentrica internazionale a cui hanno collaborato l'Auxologico, l'Università di Milano e il Centro Dino Ferrari, é stata, infatti, identificata la particella cromosomica responsabile della Sla sporadica, la forma di malattia presente in oltre il 90% dei casi.

Frutto della collaborazione di 8 Paesi europei ed extraeuropei (Regno Unito, Stati Uniti, Olanda, Irlanda, Italia, Francia, Svezia e Belgio) la scoperta, pubblicata su Lancet Neurology, rappresenta una tappa fondamentale nell' identificazione dei geni responsabili della malattia e nella sua conseguente comprensione.

"L'identificazione - spiega Vincenzo Silani, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell'Auxologico di Milano e tra gli autori della ricerca - è avvenuta con la tecnica Genome-Wide (GWA) in grado di analizzare, in una popolazione di pazienti affetti da SLA sporadica, quasi un milione di varianti genetiche di una regione 'calda' del genoma localizzata sul cromosoma 9q21".

Il gene, oltre che della Sla sporadica, è responsabile anche della Sla associata a demenza fronto-temporale familiare. Lo studio, condotto dagli studiosi inglesi del King's College di Londra in una serie di 599 pazienti Inglesi affetti da Sla sporadica e 4144 controlli sani, è stato poi confermato in una più ampia serie di 4321 pazienti affetti da Sla e 8425 controlli raccolti in sette diversi paesi tra cui l'Italia.

"L'attuale scoperta - conclude Silani - rappresenta un passo sostanziale verso la definizione delle cause eziopatogenetiche della Sla: solo attraverso questi passaggi obbligati potrà essere approntata una terapia per i pazienti". I ricercatori dell'Irccs Istituto Auxologico Italiano hanno inoltre completato la raccolta di Dna di 2000 pazienti italiani affetti da Sla sporadica dopo avere creato con numerosi altri Centri italiani il Consorzio Slagen con l'intenzione di condurre uno studio di GWA autonomo italiano.

Fonte: notizie.tiscali.it/articoli/scienza

giovedì 2 settembre 2010

FUMARE CANNABIS "SPEGNE" IL DOLORE E MIGLIORA IL SONNO


Un piccolo studio canadese, condotto su 23 persone, 'promuove' la cannabis terapeutica in versione 'da pipa'. Fumarla regolarmente, infatti, puo' ridurre in modo significativo il dolore cronico nei pazienti neuropatici, migliorando anche il sonno, e riducendo l'ansia. Dunque, secondo il team della McGill University (Canada), occorre approfondire il fenomeno, studiando in un piu' vasto numero di pazienti l'effetto di strumenti inalatori ad hoc.

La ricerca e' pubblicata sul 'Canadian Medical Association Journal', e indaga sull'effetto di questa sostanza nei pazienti con dolore neuropatico cronico. La ricerca ha preso in esame tre differenti concentrazioni del principio attivo tetraidrocannabinolo (al 2,5%, al 6% e al 9,4%) e di un placebo. I volontari, sotto la supervisione di un'infermiera, hanno inalato la cannabis dalla pipa tre volte al giorno per cinque giorni, con nove giorni di stop, per quattro cicli successivi. Quelli che hanno preso la dose piu' alta hanno visto ridursi in modo significativo il dolore rispetto al placebo.

Stesso effetto positivo anche su ansia e depressione. E persino il sonno e' migliorato. Secondo il responsabile dello studio, Marck Ware, e' opportuno approfondire le ricerche, anche perche' questo sarebbe il primo trial clinico sui pazienti che indaga sull'effetto
del fumo di cannabis contro il dolore.

Fonte: Agenzia Adnkronos/Adnkronos Salute

mercoledì 18 agosto 2010

USA VS SUPEREROI: "SOTTO IL COSTUME" SONO TROPPO VIOLENTI


C'era una volta Superman, kriptoniano invincibile che sotto la tuta rossa e blu nascondeva Clark Kent, aspirante giornalista timido, impacciato e miope. Un esempio di supereroe buono, un'iniezione di fiducia per generazioni di adolescenti esili e schivi, che imparavano come coraggio e virtù si possano nascondere anche dietro un paio di occhiali troppo spessi.

Ma oggi Superman e colleghi sono un lontano ricordo, lamentano gli esperti dell'American Psychological Association (Apa), riuniti in questi giorni a San Diego, California, per la loro 118esima convention annuale.

Qualcuno ha ucciso l'Uomo Ragno e al posto dei vecchi difensori dell'umanità ci sono i nuovi supereroi tutti muscoli e potenza: troppo machi e prevaricatori, sfruttatori e violenti, cattivi maestri di bullismo e ostentazione, denunciano gli specialisti dell'Apa.

"C'è una grande differenza fra i supereroi moderni del cinema e quelli dei fumetti di un tempo", osserva la psicologa Sharon Lamb, docente di salute mentale all'Università del Massachusetts di Boston. "I supereroi di oggi sono costantemente impegnati in azioni di violenza non-stop – afferma - Sono aggressivi e sarcastici, raramente parlano di quanto sia giusto agire per il bene della gente".

Gli 'antenati' dei nuovi supereroi, incalzano gli psicologi americani, sotto la tuta avevano un cuore, e smessi i panni del paladino della giustizia erano "persone vulnerabili, con tanto di problemi reali e punti deboli". Tutto il contrario degli eredi di Superman & Co.: "Anche quando non sono in costume, loro restano violenti". Di più: "Sfruttano le donne, manifestano la propria virilità ostentando potenza e accessori pacchiani". Insomma, rischiano di portare sulla cattiva strada gli adolescenti che si immedesimano e sognano di diventare come loro.

Per capire come i modelli veicolati dai media influenzano inclinazioni e comportamenti dei giovanissimi, Lamb e il suo team hanno monitorato 674 maschi di età compresa fra i 4 e i 18 anni. Hanno visitato anche vari centri commerciali, parlando con i commercianti per sondare le tendenze d'acquisto più diffuse fra bambini e teenager.

Risultato: "Stando a quanto imparano dai media, i giovani d'oggi sembrano avere due alternative soltanto", dice Lamb. "La prima opzione è ispirarsi ai nuovi supereroi" aggressivi, machi e violenti. "La seconda è crescere 'passivi', fuggendo sistematicamente dalle proprie responsabilità" prima a scuola, poi nella vita.

In un altro studio presentato durante il summit dell'Apa, un gruppo guidato da Carlos Santos dell'Arizona State University ha esaminato in 426 studenti maschi delle medie la capacità di rifiutare comportamenti convenzionalmente ritenuti sinonimo di virilità: mostrarsi stoici, eccessivamente autonomi e forti fisicamente, insomma fare i duri.

Il campione comprendeva ragazzini bianchi (27%) e afro-americani (20%), come pure studenti di origine portoricana (9%), dominicana (17%), cinese (21%) o diversa ancora (6%). Contrariamente ai luoghi comuni, e' risultato che il coraggio e l'indipendenza mentale che permettono di non adeguarsi ai falsi modelli di mascolinità non dipendono dall'etnia di appartenenza, assicurano i ricercatori.

L''impermeabilità agli stereotipi ha piuttosto a che fare con le relazioni familiari e il livello di benessere psicologico, ma in generale tende a diminuire nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Come dire che 'convincere' il bimbo a conservare anche nell'età di mezzo, e poi per tutta la vita adulta, l'innocenza e la purezza dell'infanzia è impresa degna di Superman.

Fonte: Televideo.rai.it

martedì 10 agosto 2010

NAO: IL ROBOT CHE SI EMOZIONA, COME UN BAMBINO DI UN ANNO


L'ultima frontiera della tecnologia è un robot che si emoziona, è in grado di stabilire legami con le persone e che può perfino avere diverse personalità a seconda di come è programmato. Non si tratta di un film di fantascienza ma della realtà, realizzata da ricercatori dell'Università dell'Hertfordshire in Gran Bretagna.

I tecnici dell'equipe del dipartimento di robotica hanno creato Nao, il primo robot sensibile in grado di spaventarsi, rattristarsi o rallegrarsi a seconda degli stimoli ricevuti dalle persone che gli sono intorno. ''Le emozioni - ha detto al Guardian Lola Canamero, che ha diretto la ricerca - vengono espresse attraverso gesti e movimenti del corpo anziché espressioni facciali o verbali''.

Nao è stato programmato con le capacità emotive di un bambino di un anno. Reagisce ai sorrisi degli uomini e alle loro carezze, mostrandosi contento.

Soprattutto riesce a stabilire legami, memorizzando il volto delle persone che interagiscono con lui e il modo in cui hanno interagito in passato. Questo, insieme a regole su quello che e' bene e quello che non lo è - regole imparate esplorando l'ambiente a lui circostante -, permettono a Nao di determinare come reagire agli stimoli esterni. Gli usi di un robot del genere potrebbero essere vari.

Secondo la ricercatrice, Nao potrebbe accompagnare la vita quotidiana degli uomini o per esempio essere di sostegno ai bambini che devono sottoporsi a complicati trattamenti medici, diventando un 'amico' che li aiuti a sostenere lo stress.

Fonte: televideo.rai.it

lunedì 2 agosto 2010

TI VA UN CAFFE'?


Chi beve tanto caffè finisce per diventare "resistente" a molti degli effetti della caffeina. Lo dimostra una ricerca apparsa su Neuropsychopharmacology condotta da Peter Rogers, uno psicologo dell'università di Bristol in Inghilterra.

Spiega quest'ultimo: "Con il consumo frequente di caffè si sviluppa innanzitutto una tolleranza agli effetti ansiogeni della bevanda, che quindi non provoca più agitazione. Qualcosa di simile avviene anche per l'attenzione e la lucidità mentale: in chi beve caffè spesso l'effetto di 'sveglia' si perde. Anzi, succede che quando si è in astinenza da caffè, fra una tazzina e l'altra, il livello di attenzione scende al di sotto della soglia 'normale' per quell'individuo: bere la tazzina non fa 'svegliare', semplicemente riporta l'amante del caffè nella situazione-base. Inoltre abbiamo scoperto che la caffeina induce tolleranza ai suoi effetti molto prima di quanto si credeva in passato: bastano un paio di tazzine al giorno, ad esempio, per non risentire più dell'effetto ansiogeno del caffè. Il problema vero però è l'astinenza: in chi beve abbastanza caffè basta meno di un giorno lontano dalla tazzina per ritrovarsi con il mal di testa e una riduzione della lucidità mentale".

Forse è il caso di non esagerare! Anche perché, nell'annosa e controversa questione sui benefici o i guai portati dal caffè, una cosa sola pare sicura: con moderazione non fa male, neanche a chi ha qualche problema di cuore. Basta appunto non superare le tre, quattro tazzine quotidiane.

Tratto da: Il Corriere della Sera.it

lunedì 26 luglio 2010

SUN: WE LOVE YOU!


Esporsi al sole in modo corretto, prediligendo le ore del mattino e del tardo pomeriggio, fa bene al corpo e alla mente, attenua i sintomi delle forme d'ansia e di depressione, è importante per la produzione della vitamina D utile per prevenire numerose patologie tra cui l'osteoporosi.

L'uomo ha sempre trascorso molto tempo all'aperto, a contatto con la natura, ma al giorno d'oggi passiamo la maggior parte delle giornate chiusi all'interno di edifici: a casa, in ufficio, al supermercato o in palestra. Forse nasce proprio da questa “mancanza di sole” la necessità di molte persone di esporsi, spesso in modo sconsiderato, ai raggi solari. Si tratta di un comportamento potenzialmente dannoso per la pelle.

Per trascorre del tempo sotto al sole è necessario proteggersi in modo adeguato, indipendentemente dal colore della propria pelle. Anche se si è già scuri o se ci si abbronza con molta facilità, i raggi solari penetrano nella pelle e possono causare danni al DNA che accelerano l'invecchiamento precoce della pelle e aumentano il rischio di sviluppare forme tumorali.

Oltre ad una adeguata protezione esterna data dalle creme e dall'abbigliamento, bisogna ricordare la grande importanza della protezione interna fornita dagli alimenti di cui ci nutriamo. Anche quando ci si espone al sole è buona norma seguire un'alimentazione ricca di frutta e di verdura, infatti, le vitamine e gli antiossidanti naturali in esse contenuti rappresentano preziosi fattori protettivi e salutari per la pelle.

Tratto da scienze news

venerdì 16 luglio 2010

L' ESTATE E' ARRIVATA!!!


L'estate tanto agognata da grandi e piccoli è, ormai, una realtà. Anche se quest'anno si è fatta desiderare più del solito. Il caldo si fa, nel corso del giorno, sempre più opprimente. Il Ministero della Salute ha fornito un vademecum per affronatarlo in poche semplici mosse:

1) Bere più liquidi (in particolare acqua), non aspettare di avere sete per bere; attenzione: se il medico, in presenza di particolari patologie, ha dato indicazioni per limitare la quantità di liquidi da bere, chiedergli quanto si può bere quando fa caldo; sempre in presenza di patologie o particolari farmaci, chiedere al medico indicazioni sui sali minerali da assumere o meno (ad es quelli contenuti nelle bevande per lo sport); non bere liquidi che contengano alcool, caffeina né bere grandi quantità di bevande zuccherate: tali bibite causano a loro volta la perdita di più fluidi corporei; non bere liquidi troppo freddi.

2) Stare in casa o in zone ombreggiate e fresche e, se possibile, in ambienti condizionati nelle ore di maggiore insolazione (tra le 11 e le 15).

3) Ventilare l'abitazione attraverso l'apertura notturna delle finestre e l'uso di ventilatori. I ventilatori possono fornire refrigerio, ma quando la temperatura supera i 35°C il loro effetto non previene più i disturbi legati al calore.

4) Se si percepisce un surriscaldamento corporeo, aumentare la ventilazione, usare un condizionatore se è possibile.

5) Nelle ore più calde, se non si ha un condizionatore in casa, fare docce e bagni extra o recarsi in luoghi vicini in cui vi sia l'aria condizionata (per esempio, cinema, centri commerciali, biblioteche); anche poche ore trascorse in un ambiente condizionato possono aiutare l'organismo a sopportare meglio il caldo quando si torna ad essere esposti ad esso.

6) Indossare abiti leggeri, di colore chiaro, non aderenti, anzi sciolti, per permettere la circolazione dell'aria sul corpo.

7) Evitare esercizi fisici non necessari all'aperto o in luoghi non condizionati ed evitare l'esposizione inutile al sole diretto. Se esposti a sole diretto mitigare l'effetto con cappelli leggeri a tesa larga o parasole, occhiali da sole e usando sulla pelle filtri solari con protezioni ad ampio spettro.

8) Nel caso in cui si debbano svolgere attività all'aria aperta: limitarle alle ore mattutine e serali; limitare gli sforzi fisici, nel caso in cui sia necessario compiere tali sforzi introdurre dai 2 ai 4 bicchieri di bevande non alcoliche; riposarsi in luoghi ombreggiati.

9) Preferire pasti leggeri e fare attenzione all'opportuna conservazione dei cibi.

10) Non sostare in automobili ferme al sole né lasciare mai persone, specialmente bambini o anziani, nè animali domestici in auto o altri veicoli chiusi.

11) Telefonare all'autorità sanitaria locale o al Comune per conoscere i servizi a cui ci si può rivolgere in caso di necessità e per saper se e dove, nelle vicinanze dell'abitazione vi sono appositi luoghi per il sollievo dal caldo.

Fonte: www.salute.gov.it

martedì 6 luglio 2010

LA GIOVANE ITALIA DIABETICA


"I bambini obesi di oggi saranno adulti obesi con un alto rischio di ammalarsi di diabete" dice Antonio Nicolucci, responsabile del laboratorio di epidemiologia clinica del diabete del Consorzio Mario Negri Sud.

Dal documentario Giovani appetiti, sottoposto a giovani tra i 15 e i 24 anni, preparato da alcuni studenti della facoltà di medicina dell’Università di Pavia, lo scenario che ne emerge è preoccupante: se si chiede cosa sanno dei grassi, mettono sullo stesso piano dolci e patatine fritte!

Di chi la responsabilità? Famiglia, scuola o potere persuasivo del marketing?

I giovani, oggi, amano, sicuramente, troppo i fast food, per loro comodi, veloci, invitanti ed a basso prezzo, ma avverte Antonio Pontiroli dell’Università di Milano: "Obesità e diabete sono in costante espansione. Si stima che nel 2025 la diffusione del diabete di tipo 2 raddoppierà rispetto a 10 anni fa. E in Italia ci sarà un aumento dei casi noti e non noti del 50% e in età sempre più giovane, con un corollario di malattie cardiache che farà lievitare la spesa sanitaria".

E tutto ciò anche se oggi è, ormai, assodato: alimentazione e stile di vita giocano un ruolo essenziale per evitare malattie croniche degenerative come il diabete di tipo 2.

Se ciò, poi, non bastasse: uno studio americano ha messo a confronto farmaci per ridurre il glucosio nel sangue e stile di vita. E' emerso che modificare il secondo è più efficace dei farmaci ipoglicemizzanti per prevenire il diabete.

Insomma: Buon appetito, ma rispettate voi stessi!!!

Fonte: panorama.it, sezione hitech e scienza

sabato 26 giugno 2010

RFID: TECNOLOGIA D'ULTIMO GRIDO NEL CAMPO DELL'INGEGNERIA MEDICA


by Dott. Ing. Manzari Sabina

La tecnologia RFID (Radio Frequency Identification) permette di porre, con costi limitati, un’etichetta intelligente, detta tag, su un oggetto, una persona o un animale (un esempio è il microchip dei cani). Questo microsistema può contenere tutte le informazioni necessarie per l’identificazione del prodotto o del soggetto insieme ad altre che possono essere modificate durante il processo operativo.

Questa memoria mobile non solo può tenere traccia dell’effettiva storia del prodotto o del soggetto su cui è posta, ma non richiede alcun tipo di manutenzione o ricarica di fonte di energia. Tali semplicità ed economicità d’uso stanno permettendo a queste nuove tecnologie di affermarsi in vari settori industriali e commerciali anche a scopi non puramente logistici.

Una delle possibilità più innovative della tecnologia RFID è il monitoraggio a distanza di una persona, infatti, grazie al crescente sviluppo di elettronica a bassa potenza e alla miniaturizzazione dei dispositivi elettronici è stata aperta la strada all’uso di sistemi RFID anche per il bio-monitoraggio in ambito medico e sportivo, ovvero lo Human Health Monitoring. Il dispositivo RFID può includere oltre alle capacità trasmissive di base, capacità di di elaborazione dati e di sensing, a seconda del tipo di sensore che viene integrato al tag.

Un generico sistema RFID si compone di un dispositivo elettronico detto “reader” che interroga uno o più antenne (tag) posti sopra al corpo della persona da monitorare, o sopra gli oggetti da etichettare. Le prestazioni sono ottime in termini di non invasività per la totale assenza di cavi di collegamento e per l’integrabilità nei vestiti, in termini di costi molto contenuti, e in termini di durata dei tag, perché essendo privi di batterie ed alimentazione garantiscono, salvo eventuali danni causati dall’esterno, una vita pressocché infinita.

In futuro la tecnologia RFID sarà con ogni probabilità utilizzata nello Smart Medical Home, un futuristico appartamento provvisto di una fitta rete di sensori wireless collegati ad un sistema di elaborazione capace anche di trasmettere a distanza il feedback dell'operatore medico al paziente e viceversa. Lo scopo del progetto è quello di realizzare un sistema integrato installabile in ogni casa, capace di registrare e trasmettere i tradizionali parametri vitali (pressione, respiratori...) ottenendo un monitoraggio del paziente continuo, non invasivo e totalmente a casa dello stesso.

mercoledì 16 giugno 2010

PC: NO THANKS, I'M A BABY


Niente PC sotto i 9 anni! Sembra uno scherzo, che ha del demenziale ed anche dell'anacronistico nel mondo tecnocratico, informatico ed internet-dipendente d'oggi, ma questa è la richiesta che alcuni psicologi della Royal Society of Medicine hanno avanzato al governo, Conservatore, giunto da poco al potere, in Gran Bretagna.

Sotto accusa, in particolare, è il Nappy Curriculum, voluto dai Laburisti, per introdurre l’uso del PC e di altre tecnologie sotto i 5 anni di vita perchè si è visto che queste, se usate troppo prematuramente, possono compromettere le abilità di lettura e di calcolo matematico, deformando la realtà del bambino.

Quest'ultimi hanno bisogno di educare le proprie infrastrutture neurologiche e di apprendimento nello spazio vero, prima di iniziare a muoversi in quello virtuale altrimenti si rischia di compromettere, in modo irreversibile, il delicato momento della vita in cui i piccoli devono ancora farsi un’idea consapevole del mondo, dello spazio e del tempo.

Un bombardamento tecnologico troppo precoce, insomma, può compromettere, secondo gli psicologi della Royal Society of Medicine, un sano sviluppo. Questi hanno, perciò, stabilito la soglia anagrafica minima delle prime navigate su internet: almeno 9 anni di età! A salvarsi dal giudizio negativo degli esperti sono stati solo pochi programmi di disegno: a loro andrebbe il merito di potenziare la creatività e lo sviluppo del pensiero.

A tutti quei genitori che pensando di far bene a mettere il proprio piccolo davanti al PC, magari, con un cartone animato, già dalla più tenera età per renderlo subito pratico con questo mezzo, che poi lo "seguirà" tutto il resto della vita, va certo data comprensione, ma anche all'occhio non esperto sembra evidente che palla e lego sono meglio di qualsiasi altra cosa quando si è piccoli.

Tratto da il corriete.it, sezione Scienze.

sabato 5 giugno 2010

FARFALLE VS CONTRAFFAZIONE


Le iridescenze dei colori delle ali delle farfalle sono dovuti a particolari cristalli fotonici biologici.

Ha spiegato Jean-Pol Vigneron: "La faccia dorsale è costituita da scaglie che portano un singolo cristallo fotonico che si estende su tutta la scaglia, mentre le scaglie ventrali possiedono numerosi microcristalli disposti con orientazioni leggermente differenti in modo da fornire pochi colori differenti, la cui miscelazione dà il colore opaco risultante".

Oggi, un gruppo di ricercatori dell'Università di Cambridge, ha studiato e riprodotto artificialmente le intricate strutture della farfalla tropicale Papilio blumei, aprendo le porte a possibili applicazioni nel campo della lotta alla contraffazione di documenti.

Ha osservato Mathias Kolle: "Queste strutture artificiali potrebbero essere utilizzate per criptare otticamente delle informazioni per esempio sulle banconote o su altri documenti sensibili per impedirne la contraffazione. Dobbiamo ancora perfezionare il sistema ma in futuro potremmo vedere queste strutture basate sulle ali delle farfalle sulle banconote o sui passaporti. Le brillanti bande verdi sulle ali di Papilio blumei sono uno stupefacente esempio della astuzia della natura nella progettazione ottica. Viste con gli opportuni strumenti ottici, queste macchie appaiono di un vivido blu, mentre a occhio nudo appaiono verdi. Questo potrebbe spiegare perché le farfalle hanno evoluto questo modo di produrre i colori: se le conspecifiche vedono la farfalla blu, mentre il predatore vede del verde in un ambiente tropicale, le macchie possono nasconderla al predatore e al tempo stesso essere ben visibili ai membri della loro specie."

Tratto da Le Scienze, edizione italiana di Scientific American.

EDF

venerdì 28 maggio 2010

INCERTEZZA E STATI D'ANSIA


L’incertezza aumenta l’intensità della percezione emotiva causata da una esperienza negativa e può rendere peggiore un evento spiacevole. Uno studio della University of Wisconsin – Madison, pubblicato anche su Cerebral Cortex, dimostra: i centri emotivi nel cervello rispondono con maggiore intensità ad uno stimolo negativo se l’evento è preceduto da un periodo di incertezza.

Ha spiegato Jack Nitschke, responsabile del team: “I risultati della ricerca hanno molta rilevanza in rapporto alle attuali dinamiche economiche nella nostra società. Le aspettative che ogni individuo si crea hanno un impatto drammatico su numerosi aspetti della vita, comprese le prestazioni in campo lavorativo e negli studi, le relazioni interpersonali e lo stato di salute. Questo accade perché le speranze possono alterare la percezione degli eventi negativi agendo sulle risposte neurali ed emotive. Questa ricerca ci sta aiutando a gettare le basi per la comprensione di come le aspettative influiscono sulle risposte emotive nei confronti degli eventi della vita. Se riuscissimo a ridurre le sensazioni di incertezza, potremmo attenuare gli stati d’ansia e le risposte negative nei confronti degli eventi infausti. Dato che l’incertezza nelle aspettative è un fattore primario negli stati d’ansia è necessario, in base ai risultati ottenuti in questa ricerca, prestare molta più attenzione al riconoscimento e alla classificazione di tali aspettative".

Così ancora un piccolo passo è stato compiuto nella comprensione di questa vastità di complessità che è il cervello umano.

EDF.

domenica 16 maggio 2010

IL MATRIMONIO?! E' SCIENZA!


Quali i segreti di un matrimonio felice? Come fare ad analizzare la propria relazione? La risposta, secondo il libro "For better: the science of a good marriage", appena uscito negli USA, è nella scienza: quella applicata ai rapporti a due.

L'autrice, la giornalista scientifica del New York Times, Tara Parker-Pope, partendo dalla frustrazione per la fine del suo, durato 17 anni, si chiede: Cosa è andato male? Era possibile capire tutto in anticipo?

Sommando i risultati di ricerche scientifiche sull'argomento la Parker-Pope stila una "prescrizione per la salute coniugale" composta di 7 regole che sarebbero alla base della salute del matrimonio:
1) "capitalizzazione": bisogna celebrare insieme le buone notizie;
2) dimostrare alla/al partner che si è fieri di lei/lui, non solamente a parole, ma nei fatti;
3) cinque gesti "carini" ogni errore fatto;
4) aspettative ragionevolmente alte dal proprio "sì" aumenta la possibilità che l'unione abbia successo;
5) "non pretendere che sia il coniuge a renderci felici";
6) impegnarsi anche a migliorare le relazioni con gli altri, gli amici, gli altri componenti delle rispettive famiglie e il Mondo esterno in generale;
7) "dimentica la lezione, metti via il libro e vai a fare sesso con tua moglie o tuo marito".

In merito la Parker-Pope ricorda che la monogamia, in natura, è un fatto estremamente raro: solo il 5% dei mammiferi la pratica. Secondo diversi studi ci sarebbero delle basi biologiche per la fedeltà: una sorta di predisposizione genetica che faciliterebbe la monogamia di alcune persone piuttosto che di altre. La giornalista completa "il manuale" con una serie di quiz con i quali i due della coppia possono mettersi a confronto e con il ricordare che, spesso, è l'istinto che guida e che può o meno salvarci nella vita, anche quella a due.

Com'era prevedibile, in una Paese dove, circa il 50% dei "sì" finiscono in divorzio, quale gli USA, attenzione mediatica e molte critiche sono esplose in merito a questo libro...e sarebbe veramente bello pensare che la vita fosse come la matematica: basta che conosci e sai quando applicare una regola e tutto torna!

EDF.

martedì 4 maggio 2010

"SCIENZA E FILOSOFIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE"


SEMINARIO-CONVEGNO:
"SCIENZA E FILOSOFIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE"
SABATO 8 MAGGIO 2010 E DOMENICA 9 MAGGIO 2010

PROGRAMMA:

SABATO 8 MAGGIO 2010 ore 10.00: Roma, Facoltà di Lettere e Filosofia di Tor Vergata, via Columbia 1, Aula “Giovanni Vitucci” (ex T 12 A, Aula Rossa), piano terra edificio A.

Seminario: SCIENZA E FILOSOFIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE.
Il relativismo oggettivo della fisica e il relativismo soggettivo filosofico: Oriente e Occidente a confronto

Intervengono
L. Rino Caputo (Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Roma “Tor Vergata”)
Rosalma Salina Borello (Università di Roma “Tor Vergata”)
Luca Nicotra (Ingegnere e giornalista scientifico)
Samuele Barbaro Paparo (Università di Roma "La Sapienza")
Fabio Cerroni (Università di Roma "La Sapienza")
Giordano Bruno (Università di Roma "La Sapienza“)
Giovanni Giudici (Università di Roma "Tor Vergata")
Armando Guidoni (ENEA – Frascati)

Saranno presentati gli elaborati degli Studenti sugli Atti della Giornata di studi: Il drago e la farfalla. Cina: una superpotenza di fronte alle sfide del terzo millennio (tenutasi presso l’Università di Roma "Tor Vergata" il 23 maggio 2009). Sarà presentato il romanzo-saggio di Fabio Cerroni, Zero: inizio e fine del tempo (2010).

DOMENICA 9 MAGGIO 2010 ore 10.00: CENTRO PER LA FILOSOFIA ITALIANA, Palazzo Annibaldeschi, via Annibaldeschi 2, Monte Compatri (RM). In collaborazione con: COMUNE DI MONTE COMPATRI – CENTRO PER LA FILOSOFIA ITALIANA – RIVISTA CULTURALE CONTROLUCE

Convegno: SCIENZA E FILOSOFIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE

Presiede Teresa Serra (Presidente del Centro per la Filosofia italiana)

Relatori:
Luca Nicotra, L’impresa scientifica della nuova Cina
Raffaele Mascella e Franco Eugeni, Matteo Ricci tra Europa e Cina
Rosalma Salina Borello, Riflessi del Tao nella cultura occidentale
Mauro Rosati di Monteprandone, Effetti della globalizzazione sul sistema fiscale cinese

Saranno presentati gli elaborati degli Studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia su: Scienza e filosofia in Cina; sugli aspetti interculturali e intertestuali dell’opera di Rocco Scotellaro, in occasione della ristampa anastatica del volume di R. Salina Borello, A giorno fatto. Linguaggio e ideologia in Rocco Scotellaro (1977).

Maggiori informazioni al link: www.uniroma2.it



EDF.

lunedì 26 aprile 2010

A FRASCATI (RM) SI DISCUTE DI NUCLEARE


Il ritorno all’uso dell’energia nucleare rappresenta oggi uno dei temi più controversi e dibattuti da scienziati, ecologisti e politici.

Molti sono gli interrogativi posti dal ritorno all’uso del nucleare: Dove ed in che modo gestire le scorie radioattive? Quella del nucleare è una scelta conveniente sul piano economico? Quale voce avranno le popolazioni toccate dalla costruzione delle nuove centrali? Su chi ricadrà il costo economico ed ambientale delle future centrali?

Nell’ambito del ciclo FRASCATI/​ AMBIENTE organizzato da Italia Nostra Castelli Romani ed Alternativ@Mente se ne parlerà giovedì 29 aprile a Frascati (Roma) presso le Scuderie Aldobrandini alle ore 18:00. Interverranno: ANGELO BARACCA dell'Università di Firenze e GIORGIO FERRARI già responsabile ENEL per il nucleare, autore di pubblicazioni sui rischi del nucleare. L'iniziativa è a cura di ENRICO DEL VESCOVO presidente di ITALIA NOSTRA
Castelli Romani.

Tutti invitati...ingresso libero.

EDF

martedì 20 aprile 2010

...TEST...


Ti vuoi mettere alla prova?

Capire se hai una buona intelligenza logica o se la tua forza è la memoria fotografica?

Vuoi solo "giocare" con te stesso e cogliere magari qualche lato "oscuro" della tua forza?

Ti consiglio il sito: www.nienteansia.it ...qui troverai molti test...è online e gratuito!

EDF

IL MULTITASKING NON E' UMANO!


Uno studio condotto da Etienne Koechlin della Ecole Normale Supérieure di Parigi ha portato ad acquisire nuove conoscenze importanti sul funzionamento del cervello umano.

Il test: ad un campione di 32 volontari è stato affidato prima un compito e successivamente due compiti differenti, ma simili. I volontari sono stati osservati nel corso dell’esperimento con la risonanza magnetica e i ricercatori hanno notato che, mentre nello svolgimento di un’unica mansione venivano coinvolte più zone neurali di entrambi gli emisferi cerebrali, nello svolgimento di più funzioni il cervello si divideva a metà, deputando a ciascun emisfero un incarico. In particolare il lobo frontale, che è la parte del cervello deputata alle funzioni esecutive, non può adempiere a più di due compiti.

I ricercatori hanno dichiarato: "Il tipo di esperimento eseguito, su un campione di individui destri e nessun mancino e con due compiti da portare a termine che erano simili tra loro, non consente di dire se la divisione dei compiti tra i due emisferi sia casuale o dipenda dal tipo di operazione e dalla dominanza di un emisfero su un altro, ma i risultati dello studio suggeriscono che il lobo frontale, che ha funzioni esecutive, è limitato a svolgere al massimo due compiti nello stesso momento".

Ha spiegato Koechlin:"Ecco perché la gente prende spesso decisioni irrazionali quando fa più di due cose insieme. Possiamo cucinare e stare al telefono, ma non possiamo per natura provare a leggere anche il giornale".

Il suggerimento perciò è ovvio: meglio non esagerare nel multitasking perchè non è della natura umana!

giovedì 15 aprile 2010

VERSO UN MONDO PIU' PULITO


Replicare la fotosintesi è uno dei sogni più grandi dell'uomo da quando s'è colta l'importanza delle energie alternative e rinnovabili.

Oggi, gli scienziati del MIT hanno utilizzato dei virus (chiamati M13) e li hanno organizzati in strutture filamentose e legati a un catalizzatore (ossido di iridio) e a un pigmento biologico (porfirina di zinco). Il ruolo del pigmento è quello di agire come un' antenna deputata a captare la luce e a trasferirla al virus che, aiutato dal catalizzatore, la raccoglie. Il fine ultimo dei ricercatori è quello di riuscire a scomporre l'acqua in idrogeno e ossigeno e qualora si arrivasse a un simile risultato si avrebbe tra le mani un'inesauribile fonte di energia pulita.

Il risultato raggiunto in seguito alla sperimentazione è stato quello di riuscire a estrarre completamente l'ossigeno, che era l'obiettivo primario, mentre l'idrogeno tende ancora a scomporsi nei suoi componenti, vale a dire protoni ed elettroni. Il cammino per riuscire a ricavare i due elementi appare ancora piuttosto lungo, ma, finalmente, la ricerca offre speranze per un futuro in cui il mondo sia più pulito!

L'articolo integrale in lingua inglese è consultabile al link:
http://www.independent.co.uk/news/science/gm-viruses-offer-hope-of-future-where-energy-is-unlimited-1943008.html

EDF.

martedì 6 aprile 2010

DONNE VS UOMINI?!

5 anni fa, a Boston, il presidente di Harvard, Lawrence Summers, sosteneva: “le differenze biologiche innate tra donne e uomini fanno sì che le prime eccellano meno dei secondi in carriere legate alla matematica e alle materie scientifiche”. Niente di più falso!

Secondo uno studio dell'American Association of University Women è una pura e semplice questione di stereotipi culturali. I dati, spiega l’autrice Catherine Hill, sono eloquenti: illustrano un’avanzata poderosa del gentil sesso nel cosiddetto settore STEM, cioè: Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica.

Why so Few? S'intitola il report che analizza le presunte differenze di genere nelle discipline scientifiche. Qui ci si chiedende: perchè se il gap si sta attenuando ancora non si è verificato un reale allineamento? Secondo suddetta ricerca è tutta una questione di un preconcetto atteggiamento culturale: nemico di una reale parità sarebbe la diffusa convinzione, tra veramante troppe persone, che le ragazze non siano così portate per alcune materie.

A tal proposito Mae Carol Jemison, prima donna afro-americana a volare nello spazio, ha raccontato: “Spesso quando io facevo una domanda ai miei professori mi veniva risposto con atteggiamento di sufficienza, mentre allo stesso identico quesito i miei colleghi maschi ricevevano i complimenti per l’acuta osservazione”.

All’interno dello studio è stato fatto un esperimento: alcuni studenti divisi in 2 gruppi: al primo è stato detto che i maschi erano più portati per la matematica, mentre al secondo non è stato dato alcun condizionamento. Poi sono stati distribuiti alcuni test di abilità logico-matematiche. All’interno del primo raggruppamento di volontari il punteggio riportato dai maschi è stato di 25 contro un punteggio medio di 5 riportato dalle femmine, mentre all’interno del secondo raggruppamento il punteggio maschile è stato di 19 contro i 17 di quello femminile, con un minimo scarto di genere...Sarà per questo che una donna per essere considerata produttiva come studiosa del settore deve collezionare almeno 3 pubblicazioni in prestigiose riviste scientifiche mentre a un uomo ne basta una?

Genitori, insegnanti e società spesso finiscono, con i loro messaggi più o meno velati, con il suggerire un ruolo o, peggio, con lo scoraggiarlo!

EDF